jueves, 12 de mayo de 2016

Associazione Turistica Pro Loco Barbania

Sabbato 14 maggio 


2006-2016 Dieci anni di Donne di sabbia
In scena: Adelaide Colher Pereira, Oriana Fruscoloni, Monica Livoni Larco, Anna Ottone, Patrizia Papandrea
Suoni: Gianfranco Mulas
Con la collaborazione di Giuliana Bevilacqua e Camilla Fabbris
Donne di Sabbia, spettacolo di testimonianza e di denuncia sul femminicidio di Ciudad Juarez (Messico), compie dieci anni con 76 repliche in 41 città con la partecipazione di oltre 5.000 spettatori.
A Ciudad Juarez, dal 1993, sono più di un migliaio le donne barbaramente assassinate e altrettante quelle scomparse solo per il fatto di essere donne e le autorità messicane, a tutti livelli, non fanno nulla per fermare questa ondata di crimini.
La maggioranza delle vittime sono giovani operaie delle maquiladoras, fabbriche di assemblaggio, in un contesto violento quale può essere una città crocevia del narcotraffico come Ciudad Juarez.
Serial killer? Traffico di organi? Snuff movies? Prove di ammissione alle bande criminali? Si sono susseguite tante ipotesi ma l’indifferenza e le deboli indagini hanno permesso che il rapimento, lo stupro, l’uccisione delle donne abbiano alla fine un unico responsabile: l’impunità.
Il drammaturgo messicano Humberto Robles ha scritto Mujeres de arenaraccogliendo le testimonianze dirette delle vittime attraverso i loro diari o dai racconti dei loro familiari. Donne di sabbia è rappresentato in vari paesi del mondo e in Italia è portato in scena dal gruppo omonimo di Torino, con il patrocinio di Amnesty International e la collaborazione di diverse associazioni che lottano contro la violenza alle donne.
Oltre alla denuncia, si vuole anche esprimere la solidarietà alle varie associazioni messicane che si oppongono a questo crimine, fra cui Nuestras hijas de regreso a casa la cui co-fondatrice, Marisela Ortiz, è stata insignita della cittadinanza onoraria di Torino nel 2008.
Le denunce e le pressioni internazionali, in testa Amnesty International, hanno portato a qualche forma di intervento: le indagini sulla scomparsa di una donna ora vengono avviate dopo 24 ore e non dopo 48, alcune maquiladoras organizzano bus aziendali per il trasporto delle operaie dai loro quartieri alle fabbriche.
Ma il femminicidio non si arresta e, se continua ad accanirsi contro le donne di Ciudad Juarez, colpisce le attiviste dei diritti umani, uccidendole o minacciandole di morte come nel caso di Marisela Ortiz, che ha dovuto abbandonare il Messico per continuare la sua lotta.
Nel 2012, nell’Arroyo El Navjo, nella Valle di Juarez, sono stati trovati i resti di 11 ragazze sequestrate, violentate e uccise. Per questo crimine, nel 2015 un tribunale ha condannato, per la prima volta, 5 uomini a 697 anni e 6 mesi di detenzione.
A Torino si è creato il Tavolo per le Madri di Ciudad Juarez (formato da Amnesty International, Donne di sabbia, Donne in nero-Casa delle Donne, Se Non Ora Quando? Sur-Società umane resistenti), un osservatorio permanente sul femminicidio di Ciudad Juarez.
Con il Comune di Torino, il Tavolo ha organizzato Zapatos rojos/Scarpe rosse, un progetto di arte pubblica dell’artista messicana Elina Chauvet e curato da Francesca Guerisoli: centinaia di scarpe rosse sono apparse in Piazza Castello (2 marzo 2013) per ricordare le donne uccise a Ciudad Juarez (http://www.youtube.com/watch?v=JFASddbrWmo).
Il Tavolo per le Madri di Ciudad Juarez ha organizzato a Torino gli incontri con Padre Solalinde (ottobre 2013), il prete messicano che assiste i migranti centroamericani nel tragico cammino verso la frontiera statunitense. Dalle madri delle vittime del femminicidio alle madri dei migranti: il Tavolo ha organizzato, in collaborazione con altre associazioni, la Carovana italiana per i diritti dei migranti, per la dignità e la giustizia “23 novembre – 6 dicembre 2014) in solidarietà con la Caravana de Madres Centroamericanas buscando a sus migrantes desaparecidos.