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miércoles, 14 de marzo de 2012
Intervista a Humberto Robles
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHECorso di laurea specialistica in
Culture e Diritti Umani
Tesi di Laurea in
Diritti Umani e storia del Diritto Internazionale
Femminicidio e diritti umani: morire perché si è donne.
Il caso delle morti silenziose di Ciudad Juárez
Candidato Relatore
Monica Muntoni Chiar.
Prof.
Gustavo Gozzi
APPENDICE 2
Intervista a Humberto Robles
1) Può descrivermi come è nata l’idea di rappresentare lo spettacolo
Mujeres de Arena e quali difficoltà ha dovuto affrontare per la sua
rappresentazione in Ciudad Juárez e in tutto il paese in generale?
L’idea è nata dopo aver stabilito un contatto con alcune componenti di
Nuestras Hijas de Regreso
a Casa; da quell’incontro decisi di collaborare con loro
realizzando e curando una pagina web (che è:
htpp://nuestrashijasderegresoacasa.blogspot.com). Di conseguenza mi
cominciarono ad arrivare diversi materiali, testimonianze, poemi, scritti ecc. Dopo
aver scaricato questi materiali nel web, pensai che sarebbero potuti servire per
un’opera di teatro e che fosse un altro modo per contribuire a informare e
denunciare ciò che stava accadendo in Juárez. Così nacque
Donne di Sabbia, che
debuttò nella piazza principale del capoluogo, con 5 attrici e un attore, nel 2001.
Da allora non ha smesso di essere rappresentata in molti paesi, in tre continenti.
Registrai l’opera come
Copyleft (o sotto la licenza Creative Commons), che
permette a chiunque di scaricare il testo e lo utilizzi senza dover pagare i
corrispondenti diritti d’autore; gli autori dei testi che sono inclusi nell’opera
hanno ceduto i loro diritti allo stesso modo. Si fa presente che, se c’è qualche
introito, una percentuale si doni all’ NHRC. E’ un’opera abbastanza flessibile che
permette che si introducano elementi teatrali come i mezzi multimediali, la danza,
musica, canti, ecc.
Alcune delle difficoltà che si sono presentate e che ricordo sono: quando
tentammo di rappresentare l’opera in Ciudad Juárez, le madri e membri
dell’organizzazione NHRC furono minacciate se si fosse rappresentato lo
spettacolo, così che decidemmo di sospenderlo per la loro sicurezza.
Altra difficoltà è che quest’opera, in Messico, non ha alcun tipo di
appoggio ufficiale; anche se non la censurano non impediscono che gruppi
indipendenti si diano da fare, non le danno alcuna diffusione, non riceve appoggi
governativi né da imprese private, non è presentata come una delle opere
contemporanee messicane più rappresentative e rappresentate nel mondo; subisce
l’indifferenza della “cultura” ufficiale. E’ stata un’opera molto avversata che
definiscono “opuscolo”; l’unica casa editrice che decise di pubblicare l’opera
come libro fu “I testi della Cappella”, nessun’altra. Tuttavia, in altri paesi ha
ricevuto appoggio dalle istituzioni governative, come anche da Amnesty
International e altre organizzazioni sociali e dei diritti umani.
2) Qual è ora la situazione dei femminicidi? Ci sono nuovi percorsi di
indagine che rendono concreta la speranza di una possibile soluzione di
questi casi?
I feminicidi a Ciudad Juárez non sono diminuiti, ma semmai sono
aumentati, così come la sparizione di giovani ragazze. La presunta guerra contro
il narcotraffico ha messo in secondo piano le notizie al riguardo; circa 60 mila
morti di questa guerra assurda, fanno apparire modesti gli oltre 250 crimini contro
donne e bambine del 2010. Quell’anno e ancora, le cifre sono aumentate nella
città di Chihuahua. Il feminicidio continua e le autorità nulla hanno fatto per
prevenire e sradicare la violenza sulle donne; né il governo dello stato di
Chihuahua né quello federale. Continuano le politiche misogine, maschiliste e
sessiste. Nell’anno trascorso e in questo, NHRC ha subito molti attacchi e
minacce di morte, che hanno costretto i tre capisaldi dell’organizzazione ad
abbandonare Juárez (Marisela Ortiz, Norma Andrade e Malú García Andrade).
Non c’è nessuna speranza di soluzione dei casi perché mai c’è stata né c’è
volontà politica per prevenire e sradicare la violenza verso le donne e le bambine.
Ciò è una vera e propria vergogna nazionale. E le autorità referenti dovrebbero
essere incriminate e punite esemplarmente per omissione, carenza d’azione,
negligenza e indifferenza verso questi crimini di lesa umanità.
Persino la sentenza della CDIH ( Comisi
όn Interamericana de Derechos
Humanos) contro lo stato messicano, per il caso del Campo Algodonero, si è
risolta a metà. Il governo messicano non osserva neppure le risoluzioni della corte
internazionale.
3) Essere giornalista non è un compito facile, soprattutto in un paese
dove la libertà di stampa è a rischio. Lei crede che la situazione nel Messico
sia così critica?
Il Messico è uno dei paesi più pericolosi per praticare l’attività del
giornalista, più pericoloso che in Irak. È una forma indiretta di censurare la
stampa e le voci dissidenti, non conformiste, che disturbano e denunciano i cattivi
governanti o le autorità. Con la scusa, ancora una volta, del narcotraffico, il
governo non agisce e permette che si commettano questi crimini. Essere
giornalisti in Messico è una professione ad altissimo rischio, sia per la stampa
nazionale che internazionale.
4) Cosa può dirci della libertà di espressione? La situazione è
altrettanto critica nell’arte?
Per stare nel gioco della democrazia, lo stato concede una certa libertà di
espressione; ci sono alcune riviste di sinistra, quotidiani e mensili (
La Jornada e
Proceso
) o giornalisti o media indipendenti. Nella scena su può dire ciò che sia
contro lo stato o il governo; tuttavia, il problema è che un’opera teatrale che parli
di certi argomenti “scomodi” o di aperta denuncia, non avranno mai appoggio
dalle istituzioni ufficiali o dai produttori privati; stessa cosa col cinema, un film
con queste caratteristiche non avrà l’appoggio delle istituzioni i governative. Solo
i gruppi indipendenti possono “concedersi il lusso” di fare queste denuncie,
sopportare le spese, produrre le loro opere, autofinanziarsi, autopromuoversi. Non
avranno borse di studio né alcun tipo di sostegno ufficiale.
Neppure gli operatori teatrali privati si interessano a questi argomenti, né
interpellano le autorità, così che questo tipo di opere non sono contemplate nelle
loro produzioni ( loro cercano solo di guadagnare soldi, “divertire” con commedie
insulse, evitare che il pubblico pensi o si interroghi). Il teatro di denuncia, o
giornalistico, il teatro documentario, sopravvive e si alimenta per vie al 100%
indipendenti e autogestite.
5) I Diritti Umani sono anche diritti delle donne?
Certo, i Diritti Umani sono per tutti e tutte. In Messico, un paese tanto
maschilista, con politiche misogine, in uno stato patriarcale, i diritti delle donne
devono sempre essere presenti nell’agenda politica. In Messico i diritti delle
donne vengono violentati costantemente; le violenze sessuali di donne da parte di
elementi della polizia (caso Atenco) o di militari sono una costante e sono ben
documentati; i feminicidi non sono solo esclusivi di Ciudad Juárez e Chihuahua,
ce ne sono in altri stati e con dati allarmanti (caso Chimalhuacán, nello stato di
México, così come a Morelos, Veracruz, Sinaloa e altre località). In molti stati
l’aborto è penalizzato, anche quando si tratta di casi di violenza, e le donne lo
scontano con la reclusione in carcere. Il governo messicano, e quello di molti stati,
mantiene politiche contrarie ai diritti delle donne e viola i loro diritti tutti i giorni;
una grande eccezione è la capitale, il Distretto federale, dove, per esempio,
l’aborto è depenalizzato.
6) Quali sono i sogni e le paure di una donna che vive a Ciudad
Juárez?
Le donne che vivono in Juárez o che vanno in questa città, sognano una
vita migliore, con migliori opportunità, più soldi per se stesse e le loro famiglie,
migliorare le proprie condizioni di vita. Juárez è stata il paradiso delle
maquiladoras
e lì, nonostante lo sfruttamento, guadagnavano meglio che in
campagna o nei piccoli centri. È per questo che molte si sono trasferite a Juárez,
cercando una vita migliore
. E quelle che vivono lì cercano e vogliono progredire.
Questo sogno si trasforma in un incubo quando queste giovani donne
vengono sequestrate, brutalmente violentate, torturate, mutilate in varie parti del
corpo e finalmente abbandonate. Questo è un terrore continuo.
Tuttavia, le politiche errate di prevenzione e di sradicamento della
violenza, impediscono anche che le giovani conoscano la vera situazione della
città, alla quale sono esposte tutti i giorni. La mancanza di informazione e la
mancanza di appoggio governativo le trasforma in vittime dei loro assassini. Se
una volta Juárez era definita la
miglior frontiera del mondo (dovuto alle sue
opportunità di lavoro), oggi quella frontiera è un campo di morte, terra feconda
per i crimini di donne (l’impunità intorno a questi delitti produce solo più delitti).
7) La corruzione della polizia e l’inefficienza del sistema giudiziario, la
presenza del narco-cartello: Ciudad Juárez è l’antisala dell’inferno o il
destino di questa città si può cambiare?
E’ l’antisala dell’inferno o l’inferno stesso. A Juárez ci sono tutte le
condizioni perché i feminicidi vengano commessi, sotto l’indifferenza delle
autorità (forse grazie alla sua complicità, o perlomeno, con le sue omissioni e
negligenza evidenti); tutto è favorevole perché si verifichino questi crimini. La
corruzione della polizia e l’inefficienza del sistema giudiziario favoriscono solo
più impunità e fa s’ì che si continui a commettere questi delitti; in molti casi viene
condannato come capro espiatorio chi non è responsabile dei delitti di donne e
bambine.
Il destino della città potrebbe cambiare se ci fosse la volontà politica
perché questo potesse accadere, ma non c’è; al governo non interessano le donne
povere, di scarsi guadagni, lavoratrici, figlie di operai, studentesse con molti
sogni…Quelle donne non contano per lo stato, non hanno nome, sono solo cifre.
La loro morte non cambia né colpisce per niente l’economia del
benessere dello
stato. I feminicidi sono il riflesso più chiaro delle politiche maschiliste e misogine
annidate da secoli nei governi messicani, federale e statali.
8) Qual è il ruolo della Chiesa nella società messicana di oggi: di
fronte ai feminicidi qual è la sua posizione?
La Chiesa in Messico (e praticamente in tutto il mondo, salvo eccezioni), è
stata sempre a fianco dei potenti, delle oligarchie. Salvo lodevoli eccezioni, i
membri della chiesa non si sono mai pronunciati contro i feminicidi, non hanno
chiesto la fine della violenza, non hanno fatto nulla per frenare le aggressioni, né
pretendere che si cerchi e si condannino i responsabili. La chiesa, altra istituzione
maschilista, chiude un occhio e resta indifferente davanti a questi e tanti altri
crimini. La chiesa non volge i suoi occhi sulle donne povere, volge il suo sguardo
ai grandi industriali di Juárez, salda alleanze con i politici di turno, conserva il suo
status
. Il suo silenzio la rende complice degli assassini e delle autorità indifferenti
e insensibili. (È, in sostanza, la stessa chiesa che restò muta di fronte ai crimini
nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, la stessa che tacque e si nascose con
regimi come quelli di Pinochet o Videla, quella che fu a fianco di Franco in
Spagna, ecc. Troppe poche volte la chiesa ha preso posizione per i più poveri, gli
svantaggiati e sfortunati).
9)
Mujeres de arena ha girato quasi tutto il mondo. Crede che aprire
gli occhi e le orecchie di molta gente che prima di vedere lo spettacolo
neppure sapeva delle morti in Juárez possa essere un modo di lottare contro
la violenza maschilista e l’impunità che c’è a Ciudad Juárez?
Un’opera teatrale, un film, un libro o qualunque manifestazione artistica o
giornalistica non cambiano una realtà tanto brutale come quella che si vive a
Juárez; il suo scopo è informare la gente che non conosce il caso, nel denunciare
la mancanza di azione da parte delle autorità governative, nel sensibilizzare lo
spettatore, nel prestare la voce per dare voce a quelle che furono rese mute con la
forza. È una forma di lotta contro la violenza maschilista e l’impunità intorno ai
feminicidi. Permette di aprire gli occhi degli spettatori che non conoscevano
questa problematica o che la conoscevano superficialmente. Molti gruppi
chiedono, alla fine della rappresentazione, donazioni o raccolta di firme per il
governo messicano perché ponga fine a questa violenza inaudita, sicché l’opera
permette di appoggiare direttamente organizzazioni come la NHRC. (Dall’Italia e
altri paesi solitamente si riceve denaro in euro che, cambiati col peso
messicano,diventa una somma importante).
In molti paesi si allestisce l’opera per rappresentare uno dei massimi
esempi della misoginia: il feminicidio sistematico. Anche se in quei paesi non
esistono i feminicidi sistematici come in Messico, esiste però molta violenza verso
le donne, così che l’opera serve per mettere sul tappeto il tema della violenza di
costume e i diritti delle donne.
Se quest’opera si rappresenta tanto e di continuo in molte parti del mondo,
significa che c’è molto interesse in ogni luogo a informare su ciò che succede in
Juárez e lanciare un grido d’allarme sulla violenza sessista. Svolge una funzione
sociale che, come tutto il teatro utile, rimbalza nel pubblico sensibile.
Monica Muntoni
(Traduzione dallo spagnolo: Gian Paolo Marcialis)
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